La camorra e le sue storie by Gigi di Fiore

La camorra e le sue storie by Gigi di Fiore

autore:Gigi di Fiore [Fiore, Gigi di]
La lingua: ita
Format: epub
editore: UTET
pubblicato: 2021-02-25T23:00:00+00:00


11.1 Il ritorno di Fabbrocino

Il giorno fatale, per Mario Fabbrocino, fu il tre settembre del 1997. Credeva di essere al sicuro nei quartieri italiani di Buenos Aires. Si dichiarava un possidente italiano trasferitosi in Argentina. Ne aveva assunto l’aria, l’accento, gli atteggiamenti. Anche per questo capoclan, latitante addirittura dal tredici novembre del 1987, era stato coniato un soprannome contadino: o’ graunaro, che sta per venditore di carbone. Usanza tutta meridionale, e regola principe delle organizzazioni camorristiche, è quella di identificare una persona per una sua caratteristica fisica, un vezzo, la sua attività di famiglia, o le sue origini. Soprattutto nella provincia. Se viene eliminato il soprannome, resta solo l’anagrafe civile, facilmente falsificabile sui documenti: così, è il nomignolo a fornire assoluta certezza su un’identità fisicamente riconoscibile. Tanto che, in alcune zone, di qualcuno si ignorano le generalità, ma non il soprannome. Furbo, intelligente, Fabbrocino ha avuto sempre la capacità di spostarsi da un paese ad un altro con estrema rapidità. Lo ha fatto per dieci anni, alternandosi tra l’Italia e l’estero: Francia, Paraguay e Argentina gli Stati scelti. Così, otto anni fa, il suo arresto fu davvero un piccolo capolavoro degli investigatori. Gli uomini della Dia campana misero sotto controllo una rete di posti telefonici pubblici, registrando conversazioni su qualcosa come 400 utenze. I familiari di Fabbrocino, infatti, si spostavano in varie province per parlare, attraverso decine di cabine telefoniche, con il loro congiunto. Da una di quelle conversazioni giunse la traccia decisiva per l’individuazione33. Quella mattina di settembre, Fabbrocino indossava pantaloni neri a righe e un lungo giubbotto blu. Uscì dalla casa del quartiere San Martin di Buenos Aires (zona di italiani, soprattutto emigranti calabresi), dove risiedeva da alcuni giorni, attraverso la copertura di alcuni meridionali che vivevano in Argentina da tempo. Quando venne bloccato dagli uomini dell’Interpol, cercò di accreditare l’ipotesi che si trovassero di fronte ad uno scambio di persona, camuffando il suo inconfondibile accento con l’acquisita padronanza della lingua spagnola. Fornì loro anche dei falsi documenti intestati a un certo Pasquale Miranda. Tutto inutile. Fabbrocino finì nel carcere di sicurezza di Buenos Aires e in cella, da buon campano, chiese subito una pizza34. La stampa argentina usò toni reboanti intorno a quell’arresto, attraverso titoli che parlavano addirittura del capo di tutti i capi della camorra. Ma alla rapidità dell’operazione non corrispose un’altrettanto rapida estradizione. Ci vollero ben quattro anni per il ritorno in Italia di Fabbrocino, che rimase in Argentina fino al 2001, quando, dopo un tira e molla procedurale estenuante ostacolato dagli accordi internazionali tra i due Paesi, fu concessa l’estradizione per alcune delle accuse cui doveva rispondere35. Troppo ottimistiche erano state le previsioni iniziali36.

Finì dunque in carcere l’ultimo vero capo storico dei gruppi della vecchia camorra. Quella che si era opposta alle strategie di Cutolo. La sua fuga cominciò dopo che, il nove ottobre del 1987, era riuscito ad ottenere gli arresti domiciliari per motivi di salute. Nella sua cartella clinica risultavano gravi cardiopatie, che portarono la Corte d’appello di Napoli (dove era imputato



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